RESISTE DOPO CINQUANTA ANNI IL MISTERO DEL BRONZI. Prof . Daniele Castrizio
I Bronzi di Riace, esposti nel Museo Archeologico di Reggio Calabria, sono le due statue dell’epoca classica più importanti e tecnicamente più complesse da realizzare del mondo intero. Oltre cinquant’anni di studi e ricerche da parte dei maggiori studiosi del mondo ci hanno restituito una messe di dati e di interpretazioni, ma, ancora oggi, le modalità di visita dei due capolavori non vanno oltre un mero approccio estetico: quattro secondi per ammirare ciascuna statue, un selfie o una foto, e via.
Eppure i due guerrieri hanno molto da raccontare, possiedono una storia che potrebbe rendere molto più coinvolgente e istruttiva la visita al MArRC, ma andiamo per gradi … Innanzi tutto, le due statue appartenevano a un unico gruppo, ideato da un solo artista. Il Bronzo A, detto “il giovane”, mostra i denti in segno di ostilità, mentre il B, chiamato “il vecchio”, oltre ad avere una espressione rassegnata, ha in testa l’elmo “del Re”, il segno del potere assoluto. Solo un gruppo statuario dell’antichità mostra due statue con queste caratteristiche peculiari: si tratta dei “Fratricidi”, opera di Pitagora di Reggio, il più grande bronzista del mondo antico.
Secondo le ricostruzioni archeologiche, il gruppo comprendeva cinque statue diverse: Eteocle e Polinice, figli di Edipo; Antigone, la loro sorella; la madre; l’indovino Tiresia. L’idea di Pitagora era quella di mostrare il punto più drammatico della vicenda dei due fratelli. Essendosi sfidati a duello per il potere sulla città di Tebe, la madre li aveva raggiunti nel vano tentativo di dividerli, perché l’indovino Tiresia aveva vaticinato che, se i fratelli si fossero scontrati, sarebbero morti entrambi. La brama di potere nulla aveva potuto e la storia finisce con la reciproca uccisione di Eteocle e Polinice. Per il mondo greco-romano questo mito era un monito contro le guerre civili, le guerre “tra fratelli”: con questo significato il gruppo era stato realizzato ad Argo, ma Augusto lo aveva voluto a Roma, per suggellare la fine delle guerre contro i Cesaricidi e poi contro Marco Antonio, e Costantino tentò di portarli nella nuova capitale dell’Impero, Costantinopoli, ma il mare di Riace li reclamò per sé, per poi regalarli a noi e all’umanità intera.