I sindacati ” timbrano ” il primo maggio solo per dovere di ufficio
Anche questo primo maggio è passato. Una festa che ha messo in luce la stanchezza dei sindacati e
l’assenza dei lavoratori in piazza che, ormai da tempo, preferiscono festeggiare nel loro “privato”
una giornata lontano dal luogo di lavoro . I sindacati l’hanno compreso e hanno, quindi, scelto una
liturgia mirata per essere presenti. Hanno timbrato il cartellino per giustificare la loro
partecipazione.
Le organizzazioni non convincono e non coinvolgono più. Non hanno un progetto per il futuro.
Rappresentano sempre più i pensionati che utilizzano i loro servizi. Anzi, che utilizzano i servizi
delle società costituite dai sindacati per gli adempimenti fiscali e i patronati per quelli previdenziali.
Attività che non rendono in termini economici come in passato, per la presenza aggressiva di nuovi
soggetti che si sono inseriti nel settore.
Il punto più alto della crisi, però, è culturale. Non hanno uno squardo verso il futuro in un mondo
che cambia rapidissimamente. Dobbiamo ancora affrontare la sfida dell’intelligenza artificiale, la
scienza già lavora ad altre forme di sviluppo che modificheranno in maniera forse irreversibile il
mondo, ma i sindacati hanno ancora la cultura del novecento. Qualcuno immagina di ripristinare
vecchie forme di tutela, quando nei ristoranti sono già arrivati i robot che servono, e con successo, i
clienti.
I sindacati sono stati indispensabili per la crescita dei diritti dei lavoratori e saranno necessari per il
futuro se avranno la capacità di contribuire a disegnarlo. Se, invece, rimaranno con la testa al
passato non riusciranno a dare una mano allo svilippo, al lavoro, ai lavoratori e nello spazio di dieci
anni faranno la fine dei partiti della prima repubblica.