PD al traino dei pacifisti per qualche voto in più

Essere pacifisti sembra, oggi, una moda. È l’impressione che si può ricavare
dall’assistere ai vari dibattiti televisivi sulla “pace nel mondo” come quello a
cui ha partecipato Marco Tarquinio ex direttore del quotidiano dei vescovi
“Avvenire, oggi candidato nelle liste del PD per il Parlamento Europeo. Non si
avverte, dalle argomentazioni, escluse quelle di Tarquinio, che probabilmente
crede veramente in quello che dice, un sentire fondato su ideali e principi veri.
È un bel parlare, affermare che la pace nel mondo si possa garantire
disarmandosi!
Ci sono da tenere in conto, però, a tal proposito, l’appartenenza del nostro
Paese alla NATO e certamente, la posizione del Presidente degli Stati Uniti
d’America, nostro principale partner politico, riferimenti per i quali la pace si
garantisce con la deterrenza, in sintonia col detto “se vuoi la pace prepara la
guerra”, nella la convinzione, non del tutto infondata, che non si possa
disarmare l’intero Occidente privandosi della possibilità di far fronte ad
eventuali sortite di pazzi criminali alla Hitler o alla Putin o
alla Kim Jong-un,
presidente della Corea del nord.
Da dirigente del partito democratico regionale, non posso non chiedermi, tra
queste contrastanti visioni, che significato abbia candidare persone fedeli ai
deliberati del Partito Democratico che auspicano l’invio di armi all’Ucraina e,
contemporaneamente, due pacifisti senza e senza ma, come Marco Tarquinio e
Cecilia Strada, anche se come indipendenti (che probabilmente, appena eletti,
passeranno al gruppo misto!). Si vuole, forse, evidenziare che, all’interno del
PD, ci sia un’anima cattolica che ripudia, comunque, la guerra portatrice di
morti, feriti e distruzione e, nel contempo, affermare la fedeltà al dettato
dell’articolo 11 della Costituzione e agli obiettivi della NATO?
Da cattolico credo che “non si possono servire due padroni”, rischiando di
infondere confusione tra gli elettori con il subdolo opportunismo praticato per
procurare “un voto in più”.
Si corre il rischio di far aumentare l’astensionismo, soprattutto tra i moderati,
che, per mancanza di chiarezza di idee, di programmi e di proposte, possano,
trovandosi spaesati, scegliere di non andare a votare. Molte, anzi, troppe le
ambiguità nel modo di porsi e di affrontare una competizione elettorale di
eccezionale importanza per la nostra collocazione internazionale: sida l’idea di
coloro che strizzano l’occhio a Orban e Putin e abiurano le scelte di campo
occidentali che si ispirano, anche, alle storiche idee di Alcide De Gasperi ed
Enrico Berlinguer. Si lascino, dunque, i nostri pacifisti alla loro campagna
elettorale da indipendenti e si dia forza e importanza alle nostre idee e alle
difficili scelte della diplomazia, sulla guerra in Ucraina.
Il far emergere tali contraddizioni interne farà stancare militanti ed elettori,
per cui occorre, inderogabilmente, fare chiarezza su quali siano gli ideali e gli
uomini a cui ci ispiriamo, sui progetti che abbiamo per il paese e per l’Europa,
sui paletti da porre riguardo la possibilità di compromessi
nello svolgimento
della nostra azione politica nel Paese, azione che saremo disponibili a mettere
al confronto con quella degli altri mantenendo, però, la nostra autonomia che
non deve, per forza esplicitarsi nell’obiettivo di governare il Paese. Governare
non è un imperativo, non è un obbligo ad ogni costo. Si può stare anche
all’opposizione con dignità rivendicando l’affermazione di principi, identità e
attraverso progetti seri e ben ponderati che siano in grado di riportare
al centro dell’azione politica il cittadino e il benessere dell’intera società.
Domenico Francesco Richichi (Direzione regionale PD Calabria)