LA NEGAZIONE DELLA GUERRA ? di Massimo Canale
Le elezioni europee sono armai alle porte e bisogna prendere atto che al netto delle solite stucchevoli e inutili polemiche sulla posizione in lista dei candidati, (come se stavolta non ci fossero i voti di preferenza e noi elettori non potessimo – una volta tanto – decidere per quale candidato votare…), non sembra si sia avviata da parte dei partiti politici una seria riflessione sui programmi e i contenuti con specifico riguardo agli scenari di guerra.
A dimostrazione della differenza della distanza oggi esistente tra i partiti politici e i Cittadini è sufficiente aprire un qualunque quotidiano per rendersi conto che numerosi intellettuali italiani e stranieri si stanno da diversi mesi interrogando sul futuro dell’Unione europea in una cornice inedita rappresentata dal conflitto russo – ucraino.
Proveniamo da un secolo di pace e quelle di giugno saranno le prime elezioni europee che si terranno con un conflitto all’interno del nostro continente ì sul cui possibile allargamento a ovest a oggi non possono farsi previsioni, ma certamente non c’è da stare allegri.
Il tema della guerra agita le coscienze di ognuno di noi e ci obbliga a ri-pensare alle priorità e alle scelte necessarie a scongiurare il rischio di farsi trovare impreparati nel caso in cui, Dio non voglia, il conflitto dovesse coinvolgere uno o più Paesi membri: la clausola di mutua difesa dell’UE — afferma che “se un paese dell’UE è vittima di un’aggressione armata sul suo territorio, gli altri paesi dell’UE hanno l’obbligo di aiutarlo e assisterlo con tutti i mezzi in loro potere”, che tradotto significa che nel caso in cui la Russi decidesse di attaccare uno dei Paesi Baltici o la Polonia ci troveremmo nel bel mezzo di una guerra.
È davvero singolare dovere invece registrare l’atteggiamento della politica italiana che alle prese con il tema delle percentuali elettorali da cui dipenderà il futuro di Schlein, Salvini, Renzi e di tanti altri, preferisce rimuovere il problema fingendo che non esista.
Potremmo fare le anime belle all’infinito e immaginare che la guerra in Ucraina sia stata un drammatico incidente di percorso, che finirà presto e che non ce ne saranno altre per i prossimi cento anni ma ciò non servirà a scongiurare il rischio di altri conflitti intraeuropei, ragione per cui diventa doveroso pensare al futuro dell’Unione europea in uno scenario geo-politico tutt’altro che pacifico.
In altre parole, – e purtroppo non è una provocazione -, è lecito domandarsi se sia divenuto attuale il tema della difesa comune europea?
E nel caso in cui fosse necessario iniziare a occuparsi di questo spinoso problema, quanta parte del bilancio di ciascun Paese membro si dovrà riservare a questa voce sottraendo risorse a altri settori come l’agricoltura o la formazione?
O piuttosto, qualcuno ritiene ancora possibile sub-appaltare a NATO e Stati Uniti d’America la difesa dei Paesi membri?
Credo si tratti di domande lecite, anzi, doverose, che ciascun Cittadino europeo si sta ponendo e alle quali la politica evita di dare risposte, certamente imbarazzanti ma assolutamente doverose.
Massimo Canale
avvocato